Il caso che aveva gettato l’Ikea di Corsico (Milano) al centro di furibonde polemiche è ormai noto a tutti. La nota azienda svedese di mobili montabili aveva licenziato una sua dipendente perché non avrebbe rispettato i turni di lavoro. La donna, che si chiama Marica Ricutti, è separata e deve badare ai due figli di 10 e 5 anni, con quest’ultimo disabile. Dopo 17 anni di lavoro all’Ikea è stata licenziata in tronco perché la sua particolare condizione di difficoltà non le consentirebbe di poter lavorare alle 7:00 del mattino. Ieri per chiederne il reintegro i suoi colleghi hanno fatto uno sciopero di 8 ore e la situazione tra lavoratori e vertici aziendali è ancora molto tesa.
L’Ikea aveva difeso fortemente la scelta di licenziarla spiegando che, come riportato da Adnkronos, “negli ultimi otto mesi la signora ha lavorato meno di una settimana al mese”, si era “autodeterminata l’orario di lavoro” e aveva fatto continue assenze. I colleghi però continuano a difenderla e spiegano: “Di recente la vita si è accanita particolarmente su di lei. Per il bambino, che necessita di terapie e riabilitazione, ha la 104, ma negli ultimi mesi le è morto il padre e la madre ha subìto un trapianto. Alla fine anche la sua energia ne ha risentito, non era al meglio e si vedeva. Ma è sempre stata determinata e ambiziosa sul lavoro”.
La battaglia continua e continuerà a lungo. Con l’azienda che spiega come i turni siano determinati da un algoritmo che non tiene conto delle esigenze dei singoli, ma che i colleghi possono fare cambi turno decisi autonomamente senza alcun problema. Per questo motivo, si chiede l’Ikea, siamo sicuri che sia solo colpa dell’azienda? O qualche collega ha girato la testa dall’altra parte di fronte alle particolari esigenze della povera Marica?
Fonte: Adnkronos
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